A tu per tu con la natura: gli uomini davanti al sublime
Sublime è il senso di sgomento che l'uomo prova di fronte alla grandezza della natura sia nell'aspetto pacifico, sia ancor più, nel momento della sua terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza, ma, al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l'infinito e si rende conto che l'anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi.
(Immanuel Kant)
Il Viandante sul mare di nebbia è un dipinto a olio su tela del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich, realizzato nel 1818 e conservato alla Hamburger Kunsthalle di Amburgo. È una delle opere più iconiche della pittura romantica ottocentesca.
Il protagonista di questo celebre dipinto è un viandante solitario che, ritratto di spalle ed esattamente al centro del quadro, ammira un panorama mozzafiato sull’orlo di un precipizio roccioso. Anche se non vediamo il suo viso, possiamo facilmente immaginare la meraviglia e il tormento causati da uno spettacolo tanto particolare.
Osservando quest’opera mi piace costruire nella mia mente la storia di un personaggio romantico che, vagando per le montagne con il suo bastone, si ferma qualche istante per contemplare la forza sublime della natura; perdermi con lui sulle cime dei monti, in quell’orizzonte inghiottito dalle nuvole bianche e dalla nebbia, condividere le sue emozioni, il suo stupore, il suo senso di impotenza di fronte a un tale spettacolo.
Il sentimento che il pittore vuole mettere in evidenza e trasmettere attraverso quest’opera è quello di sublime, molto caro agli artisti romantici, tanto pittori quanto filosofi e letterati : si tratta di una sensazione fatta di meraviglia, sorpresa, attrazione, ma anche di sgomento, paura, preoccupazione.
L'estetica del Sublime fu elaborata per la prima volta dall'Anonimo greco appunto detto del Sublime, il cui Trattato del Sublime (I secolo d.C.) studia il fenomeno in relazione agli effetti che l'opera esercita sull'animo umano, anziché occuparsi della sua intrinseca natura.
Nel 1757, con Edmund Burke, il termine ha iniziato ad essere utilizzato per descrivere lo stato d’animo scaturito da percezioni grandiose legate a fenomeni naturali. Per Burke il sublime è “Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore“, esso può anche essere definito come “l’orrendo che affascina” (delightful horror).
Nella Critica del giudizio (1790) il filosofo Kant spiega come la bellezza sia una caratteristica intrinseca degli oggetti (natura compresa) mentre il sublime è il sentimento che alcuni di essi (e la natura appunto) possono generare. Tale sentimento oltretutto nasce dopo una battuta d’arresto delle energie vitali, un momento di smarrimento in cui l’uomo si trova sopraffatto, prima di riuscire ad agire e di (in un certo senso) tornare alla vita.
Per il pensatore vi sono due forme di sublime:
Il Sublime matematico nasce nei confronti di qualcosa che sia smisuratamente grande, come la contemplazione di una catena montuosa, un ghiacciaio o la volta celeste: il sentimento è legato alla piccolezza dell’uomo nei confronti della Natura.
Il Sublime dinamico, invece, non riguarda direttamente una sproporzione fisica, ma un senso di impotenza e inadeguatezza verso la strapotenza, paurosa, minacciosa, delle forze naturali (nuvole temporalesche, uragani devastanti).
Il filosofo Schopenhauer, nel primo volume de Il mondo come volontà e rappresentazione elenca esempi di passaggio dal Bello al più elevato Sublime.
Il sentimento del Bello è semplicemente il piacere provato guardando un oggetto piacevole. Il sentimento del Sublime, invece, è il piacere che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che potrebbe distruggere chi lo osserva.
Al giorno d’oggi siamo ancora in grado di cogliere il sublime, meravigliarci, provare stupore davanti alla natura e ai suoi stupendi spettacoli che ci offre?
Riusciamo a sentirci veramente piccoli e impotenti al suo cospetto?
Quando siamo in cima a una vetta o camminiamo in un sentiero in mezzo al bosco : qual è il nostro sentimento nei confronti della natura che stiamo osservando? Proviamo a rifletterci davvero. Ne riconosciamo la grandezza, la superiorità?
Cosa provoca in noi meraviglia e stupore? Cosa muove il nostro animo, coinvolgendolo ed emozionandolo?
Oggi tutte le informazioni, grazie al progresso della tecnologia, giungono immediatamente ai nostri occhi e orecchie. Il mondo vive di corsa, si cresce abituati ad avere tutto e subito. L’uomo non è più curioso, e diviene avido, non prova più stupore e meraviglia.
Spesso le cose per cui proviamo meraviglia e stupore sono infatti a portata di mano, praticamente sotto i nostri occhi, ma tendiamo a non accorgercene, o a darle per scontate. Molte persone non si soffermano più ad ammirare certi spettacoli della natura, li danno per scontati.
Sappiamo che il sole sorge e tramonta ogni giorno, quindi dinnanzi ai colori dell’alba e del tramonto non ci meravigliamo più. Sappiamo che al calar della notte il cielo può riempirsi di stelle, per questo non ci stupiamo più dinnanzi ad un cielo ricco di puntini luminosi.
Sono le cose semplici quelle che veramente meravigliano e stupiscono. Come disse Kant: "Sono sublimi le alte querce, belle le aiuole; la notte è sublime, il giorno è bello".
Io ad esempio provo ancora meraviglia e stupore per un tramonto, per la natura incontaminata, la montagna, ammirare un panorama, il mare in inverno, il cielo stellato sopra di me; osservare la luna piena, i colori dei fiori, le stelle…
D’altronde, il mondo e la natura sono la nostra casa e vanno esplorati e vissuti pienamente.
Ogni volta che vado in montagna o cammino in mezzo alla natura mi porto a casa un “pezzo di sublime” quella sensazione che ho provato dentro di me e la custodisco nel mio cuore.
Dobbiamo impegnarci di più ad essere riconoscenti verso la natura considerandola come un bene da tutelare, amare e proteggere e non distruggerla come stiamo facendo con le nostre stesse mani accecati dal potere del denaro.
Ogni alba, ogni tramonto, ogni arcobaleno, ogni singolo fiore sono dei regali; ricordiamoci di apprezzarli sempre. Godiamoci la natura senza fretta e fotografiamo con gli occhi tutti quegli scenari che per qualche tempo ci sono stati preclusi a causa dell’emergenza sanitaria del Covid-19.
Riscopriamo la montagna, i sentieri poco battuti, i prati, il canto dei grilli ,il mare, il profumo dei fiori, la bellezza di un tramonto o di un alba e disperdiamoci nella natura.
E… ricordiamoci che, come sosteneva Albert Einstein, “chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere”.
Elisa Dipré